CLAUDIA CRAVERO

CLAUDIA CRAVERO

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Cosa scrivo, come lo scrivo e perché lo scrivo

 

A tre anni le storie le inventavo e le raccontavo a chiunque capitasse. A quattro ho imparato a disegnare e così ho pensato che dare una faccia ai miei personaggi fosse logico. A cinque ho imparato a scrivere e mi si è aperto un mondo di possibilità.

Quando ho iniziato a scrivere davvero

A scrivere mi ha insegnato mia madre, quando ancora non andavo a scuola. Nemmeno all’asilo, perché i miei pensavano che andare all’asilo mi avrebbe insegnato cattive abitudini come infilarmi le dita nel naso o dire le parolacce. La prima cosa che ho imparato da mia madre è stato scrivere il mio nome. Poi le ho chiesto di insegnarmi a leggere un po’ perché non sempre c’era qualcuno disponibile a farlo per me e io avevo montagne di fiabe e di numeri di Topolino che mi chiamavano dal cassettone in fondo al letto: “Leggici! Leggici!”. In sostanza sono arrivata alla prima elementare e già sapevo cavarmela con le lettere dell’alfabeto. Ma è stato grazie alla mia maestra Annamaria che ho imparato a vedere la penna come una bacchetta magica.

Nessuno mi ha più fermata da allora e non lo dico per vantarmi. Lo dico per dire.

Infatti il mio rapporto con la scrittura non è sempre stato rose e fiori. Infatti tra i nove e i tredici anni la mia creatività è entrata in sciopero, vittima dell’età preadolescenziale, per cui mi sono un po’ rincoglionita e non facevo altro che ascoltare musica, dormire e mangiare. Per fortuna a quattordici anni ho iniziato a frequentare il liceo e visto che avevo un professore severissimo che ci propinava un libro ogni quindici giorni, ma per fortuna ce li presentava, spiegava e richiedeva alle interrogazioni, la voglia di leggere mi è piano piano tornata e con quella la passione per la scrittura. Di disegnare non avevo mai smesso in realtà, e alle superiori divennero famosi i miei fumetti in cui ritraevo compagni e professori in varie avventure surreali.

All’università cominciai a scrivere più seriamente e decisi di seguire anche dei corsi di scrittura, per cui frequentai i corsi serali della Scuola Holden, da cui trassi molti strumenti utili e soprattutto la voglia di lasciarla per crearmi un mio stile personale. Inizia anche a partecipare a concorsi di narrativa e qualcuno lo vinsi pure.

Solo ultimamente però, forse per la sopraggiunta maturità (ma solo all’anagrafe, perché la mia età percepita resta quella di una ventenne), ho deciso di pubblicare qualcosa di nuovo e qualcosa di vecchio, come in un matrimonio creativo. Il blu e il prestato non li ho ma per ora direi che posso farne a meno.

Cosa scrivo?

Racconti, saggi creativi, testi teatrali, articoli e ho in testa un romanzo fantasy. Dico che ce l’ho in testa perché io faccio così: prima passo, settimane, mesi, a volte anche anni a pensare a una trama. La costruisco nel mio cervello, e trovo che sia molto comodo perché cancello, sposto e aggiungo e non spreco né corrente elettrica né inchiostro né carta. E’ tutto lì, tra i miei neuroni che sono talmente rigurgitanti di storie che ogni tanto me le fanno pure sognare con risvolti interessanti, che poi mi appunto la mattina appena sveglia.

Quando e come scrivo?

 

Vorrei scrivere solo in inverno di sera, periodo dell’anno e momento della giornata che mi stimolano di più: seduta sul letto, con il mio PC acceso e fuori il buio e un freddo cane (a proposito, quella nella foto non sono io…). Romantico smielato da far schifo, ma questo è. Tuttavia non sempre riesco a farlo, per cui scrivo quando posso, et voilà! Devo dire comunque che, quando l’idea mi preme nella testa, mollo qualunque cosa stia facendo e le do sfogo, tanto non combinerei niente altro e allora mi rassegno. I personaggi e le storie sono così: egoisti ed egocentrici, bisogna prenderne atto. Con loro ci vuol pazienza.